Alice Sabatini è Miss Italia 2015 (e ce lo ricorderemo a lungo)

Qualcuno sa chi sia Clarissa Marchese senza andare su Google? Se sì (bisogna proprio essere appassionati), sa che fine ha fatto? Probabilmente no. Perché Miss Italia 2014 è passata direttamente dal (mini) pubblico televisivo della finale su La7 al dimenticatoio. Tra le miss che l’hanno preceduta forse solo Giusy Buscemi ha avuto un minimo di follow-up: merito probabilmente delle sue fiction su Rai1.

Molti di noi sanno chi è Alice Sabatini; OK, c’è sicuramente un effetto di novità che svanirà nel giro di qualche settimana, eppure non è difficile immaginare che questa Miss Italia 2015 rimarrà impressa a molti. Forse non per l’aspetto fisico o i tatuaggi, quanto per la sovraesposizione mediatica sin dalla notte delle elezione e poi via a reti unificate, dai programmi più trash a quelli più wannabe-culturali.

I sociologi si sono divisi nel definirla da un lato un’interprete della sua generazione, dall’altra una svampita focalizzata sulla propria bellezza del tutto staccata dai suoi coetanei impegnati. La verità è che Alice Sabatini è sicuramente immersa nel suo tempo, ma soprattutto che sia impossibile etichettare i ragazzini di oggi in maniera uniforme. Non lo era nemmeno in passato, ma ora è del tutto impossibile, sterile.

A leggere le ricerche sui teenager, vengono fuori citazioni colte come Khaled Hosseini tra gli autori (sarebbe interessante scoprire quanti di noi adulti lo citerebbero) ma anche Roberto Benigni come “modello di riferimento”; le ragazze citano Rita Levi Montalcini e i loro coetanei Steve Jobs. Ma non è difficile pensare che dietro i nomi più noti ci sia un caleidoscopio fatto di artisti, imprenditori, scienziati, scrittori.

Probabilmente nell’immaginario di Alice Sabatini e dei suoi coetanei mancano i politici, ma non è difficile immaginare che se la Miss avesse dato una qualche valenza politica alle sue dichiarazioni, sarebbe stata ulteriormente scannata; in fin dei conti citare Michael Jordan come riferimento è tutto sommato un atto di sincerità. O di genialità commerciale: almeno ora tutti si ricorderanno di lei, giovane e bella ma non scema.

Willwoosh e YouTube

Un po’ a sorpresa, dopo due anni di assenza da YouTube, è tornato Willwoosh. Il video di ri-presentazione ha dei toni decisamente più tristi rispetto a quelli celebri pubblicati prima del blackout, che poi probabilmente si è esteso oltre al sito: anche ultimi programmi radiofonici e apparizioni al cinema risalgono al 2013.

Probabilmente il buon Guglielmo Scilla aveva fatto overdose di visibilità nel biennio 2011-2012: un’escalation partita dal suo ampio seguito sul Tubo (ai tempi era sicuramente il titolare del canale italiano più seguito) che l’ha portato a ottenere visibilità anche in TV e persino in ambito editoriale, con un successo spesso meritato.

Nel frattempo, nei due anni di assenza, YouTube in Italia è drasticamente cambiata. Guardando una qualsiasi classifica relativa alle iscrizioni, Willwoosh continua a stazionare tra i 600 e i 700 mila utenti, mentre oggi il più seguito, l’inossidabile Faviji, è intorno ai 2 milioni di fans; seguono una quindicina di altre celebrities.

Al netto del caso di Cutie Pie Marzia (che è anglofona edi fatto gioca in un’altra “lega”), il pubblico italiano segue in maniera enorme i tanti ventenni di talento che si sono mano a mano specializzati in termini di contenuti, spesso attingendo allo stile primordiale di Willwoosh, reinterpretato per montaggio, stile e anche slogan.

Gu (come si faceva chiamare per radio cercando di smarcarsi dal personaggio Willwoosh) ha davanti una bella sfida: dalla sua sicuramente la giovane età, contro la necessità di trovare nuovi temi e nuove modalità espressive. Nei commenti al suo video ha già tirato fuori le unghie contro i “concorrenti”, chissà come saranno i video.

Morandi il paciere social

Molti di noi non sono iscritti alla fan page su Facebook di Gianni Morandi, ma almeno uno dei nostri parenti o amici lo è. I numeri sono infatti monstre: superata con agilità la soglia del milione di like, la presenza ufficiale del cantante riesce ad attrarre lettori di tutte le età.

In alcuni casi è abbastanza scontato che non si tratti di fan musicali: ad attrarre è più la vita quotidiana del nostro eroe di provincia, che sostiene di leggere tutti i commenti alle sue foto quotidiane, scattate per la maggior parte in momenti di vita abbastanza comune.

Oltre a leggere, il bolognese più noto spesso risponde, apparentemente in prima persona, con una verve degna dei migliori community manager. Facebook è il suo terreno ideale: i tentativi di germinazione su altri social network come Instagram non hanno attecchito.

Alessandro Gilioli ha notato come il suo successo “social” sia legato alla sua capacità di spegnere, con una dialettica leggera e solo apparentemente ingenua, qualsiasi conflitto; qualità e necessità in tempi di conflitti accesi, cross-generazionali e inter-classe.

Morandi era già riuscito a imporre il suo stile ai suoi Festival di Sanremo, anche se ai tempi qualche critica la ricevette; oggi in quel posto c’è Carlo Conti, che invece opera a zero rischi, ma senza appunto la simpatia e la furbizia contadina del buon vecchio Gianni.

Carlo Conti in sintonia col Paese

Come Fedez è stato considerato vincitore di X-Factor sedendo al banco dei giurati, Carlo Conti è sicuramente il vincitore dell’ultimo Festival di Sanremo pur essendone stato conduttore e direttore artistico. Non che sia la prima volta che accada: negli scorsi anni il livello non esattamente eccelso di molte canzoni ha fatto sì che a posteriori ricordassimo più il conduttore di quelle edizioni che i cantanti.

Eppure il caso di Carlo Conti non smette di stupire: non si tratta né di una delle mummie storiche della TV italiana che guidavano Sanremo fino a pochi anni fa, né uno dei conduttori radical-chic à la Fazio chiamati a reclutare nuovi spettatori. Il presentatore toscano è Rai Uno fatto persona, è l’uomo di decine di serate (e centinaia di pre-serali) l’anno, stavolta tirato a lustro per l’evento numero uno della rete.

Qualche mese fa, al debutto di una delle sue trasmissioni retrò, i giudizi qualitativi degli spettatori erano stati negativi: poi gli ascolti buoni, come quasi sempre gli succede. In altri casi (Tale e quale Show in primis) gli ascolti sono stati addirittura ottimi: merito probabilmente non dei piccoli scandali tipo Veronica Maya nuda, ma dell’effetto nostalgia coerente col target sempre più anziano del primo canale.

I critici televisivi hanno parlato di trionfo dell’uomo comune, di un approccio quasi populistico a scelte musicali e ospiti. I volumi impressionanti de Il Volo al televoto (solo le giurie hanno cercato di smussarlo) denotano che ormai Sanremo è un’appendice di un certo tipo di TV e cultura; persino le tante canzoni popolari-populistiche di Checco Silvestre hanno fatto fatica a raggiungere la stessa penetrazione.

Già negli scorsi anni si scriveva di Sanremo come specchio del Paese reale: quest’anno c’è stata piena sintonia tra voglia di rinascita economica e canzonette, tra governo toscano in carica e comici invitati. Certo, sono mancati guizzi di originalità o canzoni davvero indimenticabili: ma pochi sembrano essersene preoccupati, visti gli ascolti notevoli e gli osanna tributati da ogni dove al conduttore ovattato.

Buon anno di Fedez

A Capodanno 2012 in pochi in Italia conoscevano Fedez e chi oggi sostiene il contrario starebbe sicuramente bluffando. A Capodanno 2013 erano già molti di più: aveva vinto un po’ di premi su MTV Italia grazie alla sua divertente Faccio brutto, che parodiava (nel testo e nel videoclip) i classici internazionali hip hop. A Capodanno 2014 Fedez era ormai arrivato alle masse come quello di Alfonso Signorini (Eroe nazionale) e altri tormentoni, arrivato al disco di platino.

A Capodanno 2015 Fedez è l’uomo del momento. Ha iniziato l’anno strombazzando l’apertura della nuova etichetta Newtopia facendo alzare sopraccigli tra gli addetti; in estate ha lanciato l’inno del Movimento 5 Stelle ottenendo visibilità tra gli insospettabili; in autunno ha dominato l’ultima edizione di X-Factor, accaparrandosi i migliori talenti per la propria etichetta e surclassando gli altri giudici. Nel frattempo, tanti singoli e videoclip di successo, di generi molto diversi.

Al di là della potenziale deriva politica (comunque difesa efficacemente come libertà di pensiero), i testi delle canzoni di Fedez sono da sempre divertenti ma anche relativamente profondi; la novità del giorno è che il Fedez-pensiero si estende non solo nelle tante interviste e sui social network, ma si può ritrovare anche su Il Fatto Quotidiano. Anche in questo caso ironia, stile e freschezza sono mescolati per portare avanti messaggi maturi e molto contemporanei.

Non fate quella faccia: che siate radical chic o amanti del rap old school, fate un passo indietro e provate a ragionare su quanto Fedez sia un buon esempio per tutti i suoi coetanei. A soli 25 anni è riuscito a costruire e investire un patrimonio, a crearsi e diffondere le proprie idee, ad affermarsi pubblicamente come persona buona (cfr. storia della ragazzina obesa difesa dai potenti) ma scaltra. Come probabilmente si addice a ogni buon imprenditore, al di là dell’industry.

Un’estate poco europea

Ora che anche il secondo turno delle amministrative è andato, che la suora ha vinto The Voice e recitato il Padre Nostro in diretta, che tutti gli occhi sono puntati sulle partite di calcio del Mondiali piuttosto che sulle infinite repliche che iniziano a inanellarsi nei palinsesti TV, rimane giusto la voglia di consultare i siti di viaggio per cercare qualche idea di vacanza intelligente; possibilmente in Italia, ché i soldi son pochi e non perché è colpa dell’Euro come pensano gli stolti.

L’Europa d’altra parte, lo si è ampiamente visto nei toni della comunicazione politica alle europee, è un buon capro espiatorio piuttosto che la patria comune cui ambire; i vari popoli europei si guardano in cagnesco e non è certo il calcio il motivo scatenante. Anzi, ogni partita è l’occasione per tirare in mezzo meta-discussioni pseudo-politiche e così già infuriano i commenti in Rete contro la Germania, nonostante non sia affatto scontato il match diretto ai Mondiali.

Mentre la Rai rischia grosso coi tagli lineari imposti dal Governo, il resto dei media nazionali si aggrappa all’evento per ottenere abbonamenti (Sky) o vendere qualche copia in più (quotidiani) prima dell’ennesimo blackout estivo. D’altra parte abbiamo perso il conto del numero di estati problematiche consecutive; probabilmente 6, forse 7. Alcune proprio da dimenticare, altre sfumate: ma il nero è un colore fin troppo presente nei nostri ricordi recenti, altro che verde speranza.

Prima che arrivi il bianco della neve, tutta l’Europa dovrà essersi riorganizzata intorno al nuovo equilibrio politico del post-elezioni, che ha un sapore simile alle “grandi coalizioni” che dalla Germania in poi hanno piano piano preso il potere in diversi Stati. Un cerchiobottismo politico che rende felici quelli che gridano la morte delle ideologie ma che annacqua in maniera imbarazzante il dibattito politico: un ulteriore motivo per cui tutti noi ci staccheremo ancor più dal palazzo.

Nigella Lawson al centro del mirino

Qualche giorno fa Nigella Lawson pare sia stata bloccata a Heathrow mentre tentava di partire per Los Angeles, con l’accusa di aver mentito sull’ESTA a proposito del suo consumo di droga. D’altra parte anche i sassi ormai conoscono i suoi consumi di cocaina e marijuana.

A sentire l’ex domestic goddess, il merito di questa sua seconda ondata di notorietà, decisamente meno positiva della precedente, è tutto merito dell’ex marito Charles Saatchi e dei suoi PR, che sono riusciti a ribaltare contro di lei l’opinione pubblica dopo il divorzio.

Meno di un anno fa, quando la querelle pubblica era iniziata col “giocoso” (?) strangolamento in pubblico, tutti i media e tutti gli spettatori difendevano la conduttrice come vittima di un marito violento; nel giro di pochi mesi la sua posizione è probabilmente danneggiata per sempre.

La vicenda delle assistenti e dei loro intrallazzi ha ulteriormente indebolito la sua immagine, che sin dagli esordi in TV era contraddistinta da un forte senso di positività e amore per il buon cibo; oggi si sprecano in Rete le battutacce sulle papille gustative rovinate dalla droga.

Sarebbe un peccato se la carriera della Lawson si interrompesse per sempre sulla base di maldicenze e mezze confessioni; sarà comunque il pubblico che continuerà a seguirla in TV e comprare i suoi libri; oppure no, se non la riterrà più un un testimonial credibile in cucina e fuori.

Rocco Casalino, gieffino grillino

Il personaggio-simbolo della nuova schiera di politici italiani è probabilmente Rocco Casalino, quarantenne pugliese che entrò nelle nostre vite nel 2000, quando partecipò alla prima edizione del Grande Fratello, l’unica di cui si ricordano ancora i partecipanti a memoria. “Rocco del Grande Fratello” è stato sugli schermi per anni, poi si è eclissato come molti dei suoi compari.

Dopo qualche attività come giornalista in TV locali, Casalino è tornato alla ribalta lo scorso autunno su Rai1, parlando della sua candidatura al Consiglio Regionale lombardo col Movimento 5 Stelle. Candidatura poi a quanto pare auto-abortita «per evitare discussioni» legate proprio al suo passato televisivo, poco compatibili con gli strali quotidiani di Beppe Grillo contro la TV.

Negli scorsi giorni questo sfaccettato personaggio è apparso a seguito dei capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi nelle (infruttuose) consultazioni con Pierluigi Bersani, con un ruolo pare formale nello staff di comunicazione del partito (chiamiamolo così) outsider delle ultime Elezioni politiche. Con un profilo nuovo, distante dai canoni di comunicazione del Centrodestra.

Rocco Casalino è un caso limite di una nuova generazione di personaggi che cerca di fare i conti col proprio passato cercando al tempo stesso di dare contenuto e credibilità alle nuove forze politiche. È sbagliato dare corda a chi lo ritiene un cretino solo perché ha ceduto alla tentazione di fare TV, da ragazzo; ora ha la possibilità di mostrare davvero quello che vale, da adulto.

Di facce nuove se ne stanno vedendo tante e anche se Le Iene e i loro quiz a tradimento a volte svelano una certa ignoranza dietro molte di loro, faremmo bene a non essere preconcetti giudicandole in base al loro passato, pubblico o meno. Quantomeno fino a quando non si capirà se si tratta di esseri umani senzienti e capaci di discernimento, oppure di bambole radiocomandate.

Il massacro di MPS

Quando una sera la notizia ha fatto capolino su Corriere.it, molti dei consulenti che lavorano in ambito Finance hanno sentito un brivido lungo la schiena: difficile non aver lavorato almeno una volta con un grande gruppo come il Monte dei Paschi di Siena, magari proprio a servizio di David Rossi, responsabile della comunicazione suicida in ufficio.

Da settimane, mesi, MPS è sulla bocca di tutti; Centrodestra e Movimento 5 Stelle hanno insistito pesantemente in campagna elettorale e poi ancora dopo le elezioni sulla connivenza tra Centrosinistra e poteri forti nella città del Palio. Non deve essere stato facile per Rossi riuscire a mantenere la testa al di sopra del mare di melma che lo ha travolto.

Come molti dei colleghi Manager del terzo gruppo bancario italiano, Rossi è stato per anni criticato in Rete, infine si è trovato direttamente coinvolto nelle indagini su situazioni gravi e inimmaginabili dall’esterno. È terribile pensare a quanto debba essere stata forte la pressione per farlo arrivare alla decisione estrema di togliersi la vita.

Il massacro collettivo di Montepaschi non fa bene alla Banca, che è un organismo vivo formato da migliaia di collaboratori; non fa bene all’intera industry, che è già segnata da campagne intestine in un momento in cui tutti i player cercano di raccimolare l’attenzione e gli spiccioli di risparmiatori sempre più disillusi, critici, senza prospettive.

Forse la retorica pubblicitaria degli scorsi anni della banca nata nel 1472 oggi può risultare stucchevole, coi suoi spot firmati da grandi registi finalizzati a raccontare la storia di crescita del Paese; eppure solo gli ingrati non riconoscono gli investimenti MPS in ambito culturale, sportivo, artistico degli ultimi decenni a Siena, Mantova e non solo.

L’anno di Psy e Lana Del Rey

Non c’è bisogno di aspettare l’ultimo giorno dell’anno per incoronare Psy e Lana Del Rey trionfatori assoluti dello show business nel 2012. Il primo in particolare ha tracimato su tutto il mass market, ma con una sola canzone; la cantante statunitense ha invece infilato una serie notevole di singoli, affascinando le nicchie.

Scorrendo i premi pop assegnati durante l’anno, spuntano nomi come Taylor Swift o Carly Rae Jepsen; eppure la sensazione è che di quest’anno ricorderemo più di ogni altra cosa Gangnam Style e il suo video travolgente. Non è la prima e non sarà l’ultima manifestazione della K-wave che ci bagna da anni.

Prima erano state le auto, poi la cucina, ora la musica. La Corea del Sud è diventata trendy come lo era stato il Giappone anni fa, proprio negli anni in cui la Corea del Nord è diventata un baluardo incomprensibile di un potere assoluto. L’espressione divertente di Psy è un toccasana in tempi di crisi e depressione.

L'immagine tratta da Coedmagazine.com

Lana Del Rey è invece la sua nemesi. Canzoni melodiche, tristi, riflessive che da un anno accompagnano fan insospettabili: non solo ragazzini su Tumblr, dove i suoi testi e le sue foto spopolano, ma anche appassionati di musica indie che la accusano di essere un prodotto delle major, ma poi la ascoltano a sfinimento.

Ciò che accomuna Psy e Lana Del Rey è che dopo aver “spaccato” nel 2012 dovranno confermarsi nei prossimi anni; l’ondata di curiosità che li ha portati in cima alle classifiche di popolarità si esaurirà presto e non bastano un video funny o un album azzeccato per rimanere nei cuori dei fans di tutto il mondo.