Pollice su per RadioMonitor

Complimenti a GFK Eurisko per l’ottimo lavoro svolto in questi mesi con Radiomonitor, il nuovo sistema di rilevazione degli ascolti radiofonici che supplisce alla triste implosione di Audiradio fornendo agli operatori del settore una vista aggiornata e sufficientemente attendibile, sicuramente più dell’Auditel televisiva.

La metodologia adottata da GFK Eurisko, infatti, è basata sì su un campione di 10.000 meter distribuiti sulla popolazione per un mese, ma anche e soprattutto su 120.000 telefonate condotte su una rappresentazione realistica della popolazione italiana, molto più della vecchia Audiradio che sovrastimava gli Italiani più colti.

I risultati sono rivoluzionari: addio al sospetto predominio delle due principali Radio Rai che scivolano fuori dal podio lasciando piena visibilità a RTL 102,5, Radio Deejay e Radio 105 nel giorno medio e anche a RDS sui 7 giorni. Balzi sensibili rispetto al passato per radio “nuove”, specializzate, come Virgin Radio, Radio24, M2O.

Dopo anni alla cieca, ora gli investitori pubblicitari hanno nuovamente una mappatura di mercato affidabile su cui ragionare, visto che GFK Eurisko sta integrando i risultati della ricerca con la sua arcinota Grande Mappa, sicuramente uno degli strumenti più diffusi per correlare consumi e stili di vita degli Italiani.

Come sempre in Italia, poche ore dopo la pubblicazione dei primi risultati sono iniziate a piovere critiche: chi ha perso (Rai ed emittenti locali in primis) hanno sottolineato come la ricerca sia “privata”, non riconosciuta dall’AGCOM come strumento ufficiale. Speriamo che invece GFK Eurisko tenga duro, sono dati molto utili.

Buon trentennale Radio Deejay

Oggi Radio Deejay compie trenta anni. Un traguardo rilevante, vissuto negli scorsi anni da pochi altri grandi network nazionali e che solo tra molti anni potrà essere eguagliato dalle emittenti concorrenti. In un mercato come quello radiofonico, in cui gli ascoltatori spesso si innamorano dei singoli programmi più che della rete che li ospita, probabilmente Radio Deejay rappresenta una storia particolare.

Pur accentuando un’esasperata autorefenzialità, la direzione di Linus ha portato la radio a mantenere più che la leadership degli ascolti (dato che nell’ultimo biennio ha perso valore a causa della crisi Audiradio) una vera e propria predominanza culturale sulle generazioni attive, non più solo quelle giovani di un tempo ma anche tra gli adulti, che sono proprio i giovani di un tempo, cresciuti nel culto dell’emittente.

Culto in senso buono, ovviamente. È che fa emozionare leggere le righe di Linus a margine della mega-festa di ieri e ancor più i commenti degli ascoltatori, presenti fisicamente o precipitatisi ad ascoltare il live, per festeggiare insieme il senso di appartenenza “all’intera famiglia” che contraddistingue gli ascoltatori di Radio Deejay rispetto alle pur consistenti community dei programmi delle altre radio.

Il programma quotidiano di Linus e Nicola Savino è un gioiellino, ma non è difficile credere che i suoi affezionati ascoltatori preferiscano mantenere la radio sintetizzata sull’emittente che sentono “vicina” piuttosto che fare zapping come avviene con le TV. E a proposito di televisioni, anche Deejay TV negli ultimi anni è riuscita a crearsi una sua visibilità, seppur limitata rispetto alla posizione 9 nell’LCN.

Auguri dunque a Radio Deejay e ai suoi ascoltatori. Probabilmente tutti noi abbiamo avuto nel nostro percorso uno o più periodi da heavy listeners di questa radio, che 30 anni dopo la sua nascita continua a distinguersi con forza dalle altre. Rimane solo il terrore di cosa possa succedere quando Linus mollerà la baracca, anche solo per limiti di età. Riuscirà la radio a mantenersi viva e unica come è oggi?

Il valzer eterno

Omnitel e Infostrada erano nate come costole di un’Olivetti febbricitante, con grandi campagne pubblicitarie e una spinta amichevole da parte delle Società del Gruppo L’Espresso nel presentarle al grande pubblico come le prime vere alternative ai monopoli del Gruppo Telecom Italia. Esattamente l’azionista che poi, sotto la guida di Colannino, avrebbe preso a breve la proprietà di Olivetti e dismesso le società “in verde” per ovvi motivi di libera concorrenza.

Nel frattempo, sempre il Gruppo Telecom Italia elaborava fantasiose sinergie tra tutte le sue attività, concentrando in Seat Pagine Gialle attività eterogenee come ISP, TV, directory, cancelleria. Il passaggio a Telecom Italia Media aveva permesso di razionalizzare un po’ le attività, tra cui MTV Italia, il cui marchio era arrivato in Italia su Rete A, lo stesso canale che negli anni successivi è stato comprato dal Gruppo L’Espresso per diventare Deejay TV.

Così come MTV Italia aveva preso il posto di Videomusic, anche l’altro canale, TMC divenuta poi La7, derivava dall’acquisizione delle attività dal Gruppo Cecchi Gori. L’altra attività televisiva di Telecom Italia, Stream, è andata a farsi benedire confluendo in Sky. Con l’arrivo del satellite prima e del digitale terrestre poi, Telecom Italia Media ha lanciato ulteriori canali, anche se l’audience complessiva è sempre stata minima rispetto ai grandi gruppi televisivi.

Ora si parla di un possibile ingresso del Gruppo L’Espresso nel capitale Telecom Italia Media, per realizzare un polo televisivo con tre canali sull’LCN (La7 è il canale 7 del digitale terrestre, MTV l’ottavo, Deejay TV il nono), alla pari di Rai e Mediaset (ma si parla di una razionalizzazione con cessione di frequenze a Sky/Cielo) e soprattutto con una squadra di conduttori importanti, per la maggior parte di identità politica simile a quella di De Benedetti.

Sarebbe l’ennesimo passaggio di un valzer eterno che negli anni ha visto semi-immobili Rai e Mediaset/Mondadori ma ha visto turbinare il resto del mondo editoriale/Telco. Un polo Telecom Italia Media/L’Espresso/Sky, in tutte le possibili configurazioni alternative, sarebbe l’unico a poter concentrare sufficiente competenze e forza politica per costruire un player significativo in ambito televisivo. Poi l’audience verrà, qualificatissima o di massa, ma arriverà.

Radio Deejay, il gigante ferito

Se la più grande radio privata perde di anno in anno centinaia di migliaia di ascoltatori, la colpa non è del presunto abbandono del mezzo radiofonico: le serie storiche non mostrano tracolli verticali e addirittura, al netto di prevedibili fluttuazioni stagionali, in alcuni periodi recenti hanno visto anche un allargamento della base di ascoltatori saltuari accanto al nucleo storico di fedelissimi.

Se la più grande radio privata perde di anno in anno centinaia di migliaia di ascoltatori, la colpa non è nemmeno di Audiradio: il metodo di rilevazione è imbarazzante per la sua aleatorietà, fatta di interviste di modesta validità scientifica, ma sul lungo termine le serie storiche di cui sopra possono persino permettere di individuare trend interessanti, che mostrino successi e sconfitte di programmi, idee e personaggi, prima ancora che delle emittenti prese come monoliti.

Se la più grande radio privata perde di anno in anno centinaia di migliaia di ascoltatori, la colpa non è nemmeno da attribuire alla validità dei suoi protagonisti: è vero che al microfono non ci sono più Fiorello, Scotti, Amadeus, Baldini, Jovanotti, Laurenti, Gialappa’s, Paoletta e molti altri dei “pilastri” storici dell’emittente, ma resistono strenuamente programmi di qualità quali quelli del direttore Linus o di Alessio Bertallot, che con i loro stili estremamente differenziati mostrano il sincretismo di una radio che vuole piacere a tante nicche diverse.

Se la più grande radio privata perde di anno in anno centinaia di migliaia di ascoltatori, la colpa è forse anche di questo sincretismo a tutti i costi in un mondo di crescenti specializzazioni (la radio “solo successi”, quella “solo dance”, la stazione “solo musica italiana” o quella “solo rock”). E Radio Deejay ormai è lontana anni luce da ciò che era ai tempi della sua fondazione: proprio la sua crescita esponenziale l’ha portata al dover “piacere a tutti, sempre”.

Se la più grande radio privata perde di anno in anno centinaia di migliaia di ascoltatori, la colpa è però soprattutto della sua eccessiva auto-referenzialità. Basti guardare l’ultima campagna televisiva, che si suppone fosse un investimento finalizzato a reclutare nuovi ascoltatori, per notare la sua completa incomprensibilità per i non adepti: per decifrarla è necessario essere del tutto coinvolti nel mondo dell’emittente e questo, francamente, è troppo.

Sicuramente la radio, rispetto alla televisione, ha la peculiarità (e la fortuna) di venire spesso ascoltata in maniera “verticale”, con fedeltà assoluta ad una radiostazione da ascoltare “quando si può”. Ma questo non può diventare il leit-motiv della propria esistenza e addirittura delle proprie campagne promozionali: altrimenti, chiunque sia in autostrada e incappi nell’incomprensibile Radio Deejay, scappa a gambe levate. Prova a prenderlo.