Il caso estremo del BYOD

I CIO di tutto il mondo si stanno domandando come gestire l’ormai ampio fenomeno del bring your own device, cioè la necessità di regolare il fatto che la stragrande maggioranza dei dipendenti ormai porta i propri smartphone/tablet/variedeventuali al lavoro e li utilizza per accedere al Web e magari agli stessi sistemi aziendali. I più smart hanno capito che si può far poco; anzi, hanno intuito il risparmio di lasciare ai dipendenti la responsabilità di comprare terminali costosi e sottoscrivere tariffe esose con le TelCo.

C’è un caso in cui il BYOD supera i confini dell’azienda ma allo stesso tempo rimane chiuso da evidenti limiti di diversa natura: è quello dei terminali personali utilizzati sui mezzi di trasporto di lunga distanza, treni e aerei in particolare. Se sui primi i servizi a valore aggiunto sono novità recente e sostanzialmente limitata ai Paesi che hanno investito sull’alta velocità, nei secondi c’è una vera e propria tradizione relativa all’intrattenimento di bordo. Fatta quasi sempre di costosi strumenti di bordo imbullonati sul sedile di fronte.

Joe Sharkey ha notato come si sia arrivati a un bivio: continuare a investire nell’acquisizione di hardware e nell’acquisizione di contenuti oppure fornire servizi di accesso alla Rete da utilizzare direttamente con i propri device. Anche perché potersi connettere col proprio terminale ad alta quota da parte dell’utente vuol dire permettergli di lavorare sugli infiniti voli intercontinentali, senza costringerlo a passare il tempo a guardare film di terza visione, cartoni animati con sottotitoli e documentari d’epoca.

È evidente la correlazione tra utenti della prima classe, possesso di terminali evoluti e potenziale interesse delle compagnie a includere servizi di connettività come plus del livello di servizio. Rimane da servire la massa e questo rende necessario dotarsi di infrastrutture adeguate (gli utenti del disastroso wi-fi Frecciarossa emetteranno ora un sospiro), ma anche continuare a garantire servizi di intrattenimento per chi i device non li ha o non li vuole usare 24×7. Fossero anche gare di cucina con i peanuts.

L’austerity del salatino

Anche la nuova edizione del Regolamento dei FrecciaClub, le lounge dedicate ai frequent travellers di Trenitalia cui si accennava qualche settimana fa, rinnova il divieto che i “soci” conoscono bene: una sola consumazione di snack e bibita a testa. Un po’ ridicolo che una simile limitazione sia scritta nero su bianco su un documento ufficiale e poi ribadita di continuo con avvisi nelle sale ristoro; peraltro, come spesso avviene in casi simili, molti comunque la disattendono.

Quando era stata pubblicata l’edizione precedente, circa un anno fa, questa regoletta aveva sollevato l’ironia dei frequent flyers Alitalia: abituati al clima “volemose bene” delle lounge MilleMiglia e all’aperitivo sui voli Milano-Roma, prendevano in giro i forzati dell’Alta Velocità ferroviaria. Fino a pochi mesi fa vigeva ancora una sorta di allure positiva dei voli rispetto ai viaggi in treno e questi classici servizi extra confermavano il maggior “fascino” dell’aereo.

Poi nel corso del 2011 sono avvenuti due fenomeni opposti: Trenitalia, spinta dall’imminente ingresso di NTV, ha iniziato il rinnovo dell’offerta Alta Velocità, puntando proprio su queste piccole grandi comodità dedicate soprattutto a chi usa i treni non solo per viaggiare, ma anche per lavorare; Alitalia, a voler interpretare il clima di austerità di questi mesi, ha iniziato ad adottare piccole misure di contenimento dei costi, quali il taglio degli snack serviti a bordo.

Le due dinamiche e i nuovi assetti di pricing delle due compagnie, che in particolare nel caso di Alitalia hanno visto arrivare alle stelle i prezzi a tariffa piena, hanno decisamente imbufalito i consumatori (e far venire il sangue alla testa a qualche parlamentare); poi piano piano è subentrato il sentimento che ci sta accompagnando su tutti i fronti in questi mesi, quel senso di mestizia per cui c’è la crisi e quindi tutto crolla, fiducia in primis, tranne prezzi e tasse, che volano.

Molti di noi oggi possono fare mea culpa rispetto alla scarsa fiducia in Trenitalia relativamente all’evoluzione commerciale dell’Alta Velocità. Oggi bisogna riconoscere al vettore una rinnovata capacità di interpretare le esigenze degli utenti, soprattutto di quelli più esigenti. Perché sì, è vero che il clima di austerità richiede serietà da parte di tutti noi e tagli degli sprechi a tutti i livelli, ma non è detto che togliere salatini e aumentare prezzi sia la strategia di marketing migliore.

Il Giro della discordia

Ivan Basso e Sasha Modolo con Michelino DavicoDa quando Alitalia è approdata su Facebook con un social team professionale, è piacevole dare un’occhiata alla pagina ufficiale della compagnia aerea. I quasi 500.000 fans interagiscono in maniera piacevole con gli interlocutori, anche nei casi più difficili. Finalmente un buon esempio di customer care via social network, con risposta a problemi operativi intervallati a curiosità e proposte da parte dei Clienti.

Negli scorsi giorni, tuttavia, la pagina si è improvvisamente scaldata: l’avvio del Giro della Padania 2011 ha indotto diversi utenti a mostrare un vero e proprio disgusto nei confronti della sponsorizzazione della manifestazione da parte di quella che ritengono (pur se non è più vero in senso stretto) la compagnia di bandiera italiana. C’è chi ipotizza sia un “contentino” per l’abbandono di Malpensa, chi minaccia boicottaggio.

Il team Alitalia su Facebook si guarda bene dal rispondere alle “richieste di chiarimento” degli utenti, che quindi finiscono a darsi ragione a vicenda o al massimo proporre qualche flebile spiegazione sulle scelte promozionali della Compagnia. Peraltro sul sito Alitalia non si fa menzione del Giro della Padania né sull’area commerciale né su quella istituzionale: sembrerebbe davvero una sponsorizzazione “subita” più che “scelta”.

L’arrivo della Corsa in Emilia Romagna ha destato parecchi malumori, soprattutto nei confronti di Coopsette e Unieco, grandi operatori un tempo ritenuti “cooperative rosse”. Il disprezzo verso la manifestazione è infatti molto forte a Sinistra e in particolare Rifondazione Comunista aveva duramente criticato il Giro sin dalle tappe iniziali, scendendo in piazza per bloccare fisicamente i corridori.

La Federazione Ciclistica Italiana ha spinto molto negli scorsi mesi su questa manifestazione, che con tutta evidenza nasce “ricca” sia in termini di budget che di attenzione da parte del grande pubblico. Attenzione però non sempre di carattere positivo: a volte si ha la sensazione che le sponsorizzazioni siano controproducenti per chi le sostiene e questo sembra proprio uno di quei casi.

Concorrenza ferroviaria all’italiana

C’è una regione italiana in cui nel 99% delle stazioni il principale operatore ferroviario non è più Trenitalia. Non è una regione piccola, anzi è un territorio in cui ogni giorno 650.000 visitatori si muovono su strade ferrate: è la Lombardia. Da diverse settimane infatti gli annunci delle stazioni lombarde citano principalmente il nome della nuova compagnia Trenord, responsabile di tutto il traffico regionale.

Nata come joint venture tra il gruppo Ferrovie dello Stato e il gruppo FNM, Trenord riesce contemporaneamente a usufruire dei vantaggi derivanti dall’essere una società vicina all’operatore statale (leggi: nessun ostruzionismo da parte di RFI come avviene per gli operatori privati) e da quelli dell’avere Regione Lombardia come azionista (leggi: soldi regionali disponibili senza troppi problemi).

Ci sono esperienze parapubbliche nelle regioni vicine, come GTT in Piemonte o FER in Emilia Romagna, ma la loro dimensione è marginale rispetto a quella dell’operatore lombardo, che potrebbe piano piano estendere il suo raggio d’azione ad aree crescenti del Nord Italia seguendo l’esempio delle ex municipalizzate nel settore energia progressivamente fuse, che ormai sono realtà di rilievo nazionale.

Da qui a immaginare un vero mercato concorrenziale in ambito ferroviario (e a dire il vero anche in quello energetico) la strada è ancora lunga. Operazioni come Trenord ammazzano anche il minimo di concorrenza che potrebbe svilupparsi su base locale; tuttavia, le sinergie per gli utenti lombardi sembrano così grandi che la caramella amara alla fine va giù lo stesso, sperando migliorino i servizi.

Questo è infatti il punto debole di tutta l’operazione. Il marketing di Trenord sembra essere impostato per avere successo come quello della sorellastra Trenitalia, ma entrambe le società notoriamente vengono criticate per i livelli di servizio modesti in ambito regionale. Su quello c’è tanto da lavorare, altrimenti la rinnovata immagine e tutto il resto del filmone finiranno per farsi odiare a più non posso.

Dalla mafia al mandolino

Verso fine settembre, un fantomatico Osservatorio Antiplagio scova tra le novità dell’App Store per iPhone e iPod un’applicazione chiamata What Country e comunica alle principali agenzie (l’Ansa ci casca subito) di aver chiesto al Ministero del Turismo italiano di intervenire per proteggere l’immagine dell’Italia, presentata come terra di “Pizza, Mafia, Pasta, Scooters”.

I media italiani si lanciano in filippiche contro Apple, accusata di maltrattare il Paese nonostante il grande affetto che di solito i suoi prodotti ricevono da queste parti. Michela Vittoria Brambilla dichiara che coinvolgerà l’Avvocatura dello Stato contro un simile scempio, preannunciando una battaglia a tutto campo per raggiungere un obiettivo così importante.

Il confronto tra la presentazione di 'What Country' prima e dopo l'intevento del Ministero del Turismo

Passano un paio di settimane e la notizia torna a galla, visto che l’applicazione è stata parzialmente cambiata. Il Ministro del Turismo inizia a girare tutte le principali trasmissioni televisive per decantare il suo successo, i telegiornali declamano la sconfitta di Apple e il trionfo del mandolino, che ora appare negli screenshot di presentazione insieme a un’Ape Piaggio.

Negli stessi giorni in cui l’Italia appare nel mondo come la Patria della cronaca nera a causa delle storie impressionanti che si succedono (ma non è una novità), ci illudiamo che le cose possano migliorare eliminano un piccolo software da un catalogo che ne contiene milioni. Farebbe quasi tenerezza, se l’attenzione riservata a questo caso non ci ricoprisse di ridicolo.

Gli eavy users dei social network si interrogano sul perché Apple non presenti una (giustificatissima) querela, visto che è stata tirata in ballo a più non posso. Gli unici a gongolare stanno in Bielorussia e sono quelli di Apalon, che producono l’app e come al solito (vedi il clamore sull’applicazione anti-Nazi) riescono a farsi pubblicità gratis, puntando sulla stupidità altrui.

2Spaghi, per sapere sempre dove cenare

Capita raramente di dedicare post a singoli siti: qualche mese fa era stato il turno di MD80.it, portale specializzato nell’informazione sull’aeronautica civile per gli appassionati del genere; un po’ di tempo prima, si era parlato di BlogHotel.it, blog dedicato alla raccolta delle recensioni alberghiere internazionali da parte di clienti italiani.

Il sito di oggi è un po’ nella scia di quest’ultimo, sebbene il focus sia leggermente diverso: si tratta infatti di 2Spaghi, sito specializzato nel raccogliere il feedback degli utenti sui ristoranti italiani. Un progetto di nuova concezione, che negli ultimi mesi ha visto commenti positivi da parte di addetti ai lavori e semplici appassionati.

Quando ancora il termine era di moda, la piattaforma veniva etichettata come “Web2.0” allo stato puro. Gli elementi non mancavano: i rating, i tag, le funzionalità “social”, il wiki, i commenti degli utenti (votabili), l’integrazione con Facebook. Oggi la moda è passata, ma per fortuna siti come DueSpaghi continuano a crescere e raccogliere contributi.

Contributi che, bisogna ammetterlo, sono sufficientemente ruspanti da essere reali; scritti di pugno da clienti di estrazione e competenze diversi, ma tendenzialmente affidabili. Qualche volta spunta qualche piccola discussione tra i commenti dei singoli locali, ma nella maggior parte dei casi si forma un “flusso” di pareri che agevola la scelta del ristorante.

Ci sono sicuramente spazi di miglioramento nella piattaforma (es. la ricerca, un po’ troppo farraginosa), ma al momento 2Spaghi è la piattaforma italiana più affidabile quando si è alla ricerca di un posto interessante per andare a cena. Il che, per molti di noi costantemente in giro per l’Italia, equivale a dire: quando si è alla ricerca di un’ancora di salvezza.

Ryanair, sempre più grande

Un manifesto Ryanair dietro la Carta dei Diritti del Passeggero dell'ENACDi manifesti del genere sono pieni gli aeroporti europei. Ryanair ci tiene a ricordare di essere una delle poche compagnie aeree che, nell’ultimo decennio, non ha mai addebitato sovrattasse carburante. Il che, in effetti, fino a qualche anno fa poteva sembrare un fiore all’occhiello; oggi, suona ai più come una presa in giro. La politica dei prezzi Ryanair ha infatti esacerbato la propria aggressività: i prezzi base continuano ad essere molto bassi per le prenotazioni con largo anticipo, ma abbondano gli ed “extra”.

Non solo super-tariffe per l’imbarco delle valigie o per il servizio bar di bordo; oggi i tanti utilizzatori quotidiani della compagnia irlandese si lamentano di dover pagare in tutte le fasi, dall’acquisto con carta di credito all’imbarco prioritario, dal check-in alla borsetta di troppo portata a bordo. Al pari delle tasse aeroportuali, uguali per tutte le compagnie, le tariffe complessive di Ryanair sono spesso superiori di quelle più blasonate, ma ciò nonostante, i flussi di viaggiatori sono in costante aumento, anno dopo anno.

Ryanair, insomma, non è più (solo) percepita come compagnia low cost. Molte famiglie hanno iniziato ad organizzare le proprie vacanze in maniera molto diversa da un tempo: tratte all’apparenza bizzarre come Brindisi-Billund o Cagliari-Siviglia nascondono in realtà opportunità turistiche per entrambe le popolazioni coinvolte; collegamenti come Bergamo-Düsseldorf o Bologna-Edimburgo oggi supportano lo sviluppo di molte aziende, di tutte le dimensioni, che possono ottimizzare tempi e costi di trasferta.

Fin quando ci sarà Michael O’Leary in circolazione, le rumorose campagne pubblicitarie di Ryanair continueranno a far discutere. Ryanair, però, nel frattempo è diventata “altro”: in molti mercati svolge ormai un ruolo dominante ed in molti, come ad esempio in Italia, diventerà presto la prima compagnia aerea per numero di viaggiatori trasportati. Questo porterà il beneficio di nuove rotte interne ed internazionali, ma accrescerà ancora di più l’arroganza della compagnia irlandese nei confronti dei singoli Stati.

Tutti abbiamo ancora nelle orecchie il clamore che aveva sollevato, su Internet e sui media, la decisione di Ryanair di sospendere le proprie attività italiane per rappresaglia nei confronti del richiamo formale dell’ENAC riguardo all’accettabilità di documenti alternativi a Carta d’Identità e Passaporto sui propri aerei: come prevedibile, il tutto si è rapidamente sgonfiato, con una vittoria quasi totale del vettore irlandese sulle autorità italiane. La situazione si ripresenterà altre dieci, cento, mille volte, specie in assenza di player realmente competitivi sui mercati nazionali. La compagnia ha nella maggior parte dei casi il pieno supporto dei suoi clienti affezionati: ma quanto potrà durare la luna di miele?

Lucifero trionfa nella Metropolitana di Milano

Si era già parlato qualche tempo fa su queste pagine dell’interesse “forzato” che la pubblicità riesce a stimolare negli infiniti viaggi in Metropolitana dei pendolari delle grandi città: una specie di appiglio creativo durante viaggi in cui l’unica alternativa è scrutare gli altri viaggiatori, correndo il rischio di passare per maniaci.

C’è un piccolo grande fenomeno che tuttavia nessuno dei pendolari capisce davvero: le migliaia di scritte che, da oltre un decennio, appaiono frequenti nella Metropolitana di Milano. La maggior parte, infatti, prendono di mira Lucifero, commentandone azioni surreali, insultandone le sue abitudini sessuali e i suoi compari infernali.

La mano è sempre la stessa, anche se spesso cambiano gli insulti. Paolo Madeddu qualche anno fa scrisse su Urban un articolo sull’argomento, provando a farci sorridere su questo strano personaggio che, negli ultimi anni, ha sempre più concentrato la sua attenzione ai manifesti pubblicitari, diminuendo i danni altrove.

Lucifero è così il protagonista a posteriori di molti dei manifesti pubblicitari che accompagnano i viaggi quotidiani dei pendolari: i loro personaggi si ritrovano attaccati fumetti con i quali si scambiano battute e commenti su Lucifero. A volte le scritte diventano molto volgari, ma probabilmente fa parte del misterioso “gioco”.

A volte le scritte inneggiano a Baal, che dai più è conosciuto come una divinità fenicia, ma per il nostro è un demone al pari di Lucifero. Qualche volta appaiono altri personaggi e qualche disegnino infantile, ma in generale lo stile di comunicazione rimane basilare, sebbene non siano mancati i casi di citazioni colte all’interno dei fumetti.

La curiosità su “Lucifero infame” ha dato luce a canzoni, racconti, rassegne fotografiche, persino t-shirt. Nessuno ha una soluzione al mistero: come scrisse qualche anno fa Personalità Confusa, saremmo curiosi di guardare in faccia gli archeologi intenti a comprendere la città basandosi su centinaia di insulti incomprensibili a un demone.

Le occasioni sprecate della pubblicità sui mezzi pubblici

Solo chi attraversa quotidianamente le metropoli in lungo e in largo, passando decine di minuti su autobus, tram e filobus può avere idea di quanta noia si possa accumulare in attesa alla fermata o mentre il proprio mezzo è bloccato nel traffico, ma anche semplicemente durante il tragitto. Non che in metropolitana vada meglio: si risparmia solo la parte di traffico di superficie.

Il grande successo dei quotidiani gratuiti è dovuto in parte anche a questa voglia di far passare il tempo mentre si va o si torna dal lavoro. I più saggi leggono libri, i più stanchi (a causa della sveglia all’alba o della giormata di lavoro appena finita) iniziano a guardarsi intorno, leggendo (di nuovo) la lista delle fermate della metropolitana, le copertine dei quotidiani dei vicini o gli annunci pubblicitari.

Qui casca l’asino. Per una misteriosa tradizione (forse legata ai budget minimi degli investitori), i messaggi pubblicitari sui mezzi di superficie sono quasi sempre brutti, poco originali e di basso profilo. Gli annunci sulle televisioni presenti a terra o sui mezzi (Moby TV o Telesia, ad esempio) sono così ripetitivi che ad un certo punto si cerca il telecomando per cercare di cambiare programma.

Qualche giorno fa KTTB si lamentava della bruttezza delle affissioni in metropolitana a Milano. Qui si fa una preghiera ad agenzie pubblicitarie e investitori: imparate a fare pubblicità sui mezzi pubblici. Rendetela accattivante, originale, non ripetitiva. Avete migliaia di occhi puntati addosso, che non aspettano altro che di essere divertiti, informati, attratti dalla vostra comunicazione.

Se proprio non riuscite a cavare un ragno dal buco, almeno fate un annuncio tradizionale, ma con un sito Web ottimizzato per il mobile bene in evidenza. Ormai l’uso di Internet sul cellulare è diffusissimo persino in metropolitana e le chance di portare qualcuno a navigare sul sito sono molto più alte rispetto ad un indirizzo scritto su una pagina pubblicitaria in una rivista patinata.

C’è molta confusione nei cieli

Su .commEurope si è sempre dimostrata simpatia e solidarietà per le travagliate vicende di Alitalia e del suo staff: pochi sono i marchi italiani veramente noti a livello internazionale e le ipotesi degli scorsi mesi di veder sparire il mondo AZ dai nostri cieli è sempre sembrata una cattiveria ingiustificata verso un marchio che, negli anni, ha avuto più credibilità all’Estero che in Italia.

Quando la Compagnia Aerea Italiana ha sciolto il nome del brand della nuova compagnia, molti hanno tirato un sospiro di sollievo, se non altro per i minori investimenti necessari a lanciare un nuovo marchio a livello internazionale (basti pensare ad un ipotetico restyling degli aerei) ed eventualmente, qualora fosse prevalsa l’ipotesi-Lufthansa, ad aderire ad una nuova alleanza internazionale.

Quello che è accaduto nei mesi succesivi all’annuncio, però, è sotto gli occhi di tutti. La “nuova” Alitalia sembra aver ereditato più i difetti che i pregi della casa madre. Ogni giorno ci imbattiamo in ritardi pesanti derivanti da una maggior rotazione degli aeromobili e in crew ostinatamente fiere di rimarcare la propria appartenenza ad AirOne, anche quando poco opportuno.

In questi mesi capita di effettuare l’imbarco su un volo annunciato come VolareWeb con un biglietto Alitalia e scoprire che il volo è operato da AirOne. Capita di continuo, soprattutto sulle rotte nazionali, tanto che viene da domandarsi dove siano nascosti tutti gli MD-80 (e soprattuto le rispettive crew, tutte in esubero?) che in questi decenni ci hanno accompagnato in giro per i cieli.

Fino ad ora, oltre al fumo su VolareWeb, l’unico marchio sparito sembra essere quello di Air Europe, mentre rimane in circolazione l’orripilante Alitalia Express. Non è soprattuto noto il destino del marchio AirOne, ma si spera che presto svanisca nel nulla AirOne Cityliner, i cui aerei ormai si trovano anche sulla Milano-Roma e il cui nome è decisamente troppo connotato con Lufthansa.

Proprio Lufthansa, nel frattempo, ha lanciato Lufthansa Italia e sembra intenzionata a fare faville, anche grazie all’idea (politicamente) furba di concentrare le proprie operazioni su Milano Malpensa, sede (saggiamente) dimenticata da Alitalia ancora prima della cessione a CAI. Dalla sua ha senza dubbio un asset: il poter contare sull’immagine granitica e seriosa della casamadre.

Sembra significativo che Lufthansa Italia abbia già annunciato investimenti pubblicitari importanti e Alitalia continui a portare rispetto al marchietto di AirOne anche solo nei comunicati stampa. Speriamo che questa fase transitoria finisca presto e migliorino sostanzialmente sia la comunicazione commerciale, sia la qualità e lo stile delle operazioni di volo di Alitalia. Di Alitalia, non di AirOne.