La vittoria del business casual

Se c’è una cosa davvero sciocca nel mondo aziendale è il dress code formale che accompagna in tutte le stagioni i manager in diversi Paesi del mondo. Giacche e cravatte combinate in maniera differente, ma con lo stesso risultato stantio di sempre. Uomini frustrati che vagano da una riunione all’altra osservando colleghe elegantissime eppure senza tailleur.

Si tratta soprattutto di un vizio europeo e italiano in particolare. Ci sentiamo in dovere di esportare eleganza con lo stesso tatto con cui gli Stati Uniti esportano la democrazia. Quando un manager illuminato come Paolo Scaroni un paio di anni fa impose (!) il business casual ai dipendenti ENI almeno durante l’estate, furono più le critiche che i complimenti ricevuti.

Negli Stati Uniti, tuttavia, le cose vanno diversamente da tempo. Persino nell’era dell’abbonatissima Presidenza Bush Jr., un’interessante ricerca Gallup è riuscia a dimostrare una crescita sostenuta del business casual rispetto ad un sempre più marginale uso del classico abbigliamento formale: la differenza è nell’ordine di 43% verso 9% del panel.

Non si pensi che reddito e posizione influenzino sensibilmente le classifiche: la stessa ricerca arriva a notare come abbigliamento formale e business casual crescano entrambi una volta superata la soglia dei 50.000 $ di reddito. E non è nemmeno una questione di stile: è noto come gli Statunitensi si vestano eleganti ai funerali, ma poi li vivano come un party.

La speranza è insomma che anche in Europa si inizi a vivere più serenamente la vita in ufficio. Se persino Barack Obama toglie la giacca nello Studio Ovale, noialtri che continuiamo a voler comunicare il nostro presunto “status” a botte di cravatte firmate potremmo anche fermarci per una serena riflessione su quanto siamo ridicoli, riunione dopo riunione.

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