Persino Google si è auto-“multata” qualche mese fa per un’infelice campagna di ottimizzazione dei risultati del proprio motore di ricerca relativamente al proprio browser, Google Chrome. Come un’azienda qualsiasi, prima ha negato, poi ha buttato la colpa su un’agenzia esterna.
Di “investimenti” scorretti ce ne sono sempre tanti, troppi. In tutto il mondo non mancano piccoli professionsiti e grandi società che raccontano ancora alle aziende clienti quanto sia necessario “per farsi trovare” il baillame di link disseminati in giro, di ritocchi ai metatag e cavolate varie.
Dopo gli anni di entusiasmo collettivo, in questi ultimi tempi si parla spesso di morte della Search Engine Optimization. I professionisti la negano, dicendo che non bastano Google Instant o Google Panda o altre innovazioni del principale motore di ricerca per smettere di ottimizzare.
Chi sul Web ci lavora quotidianamente e non ha interessi in ambito SEO, sa ormai bene che l’unico fattore importante per tutti i motori di ricerca, compreso Google, è la qualità dei contenuti. La difficoltà, semmai, è che ormai privati e aziende li disseminano “in giro” più che sul proprio sito.
Quindi massimo rispetto per i professionisti che accompagnano chi vuole comunicare in Rete a gestire questi contenuti in maniera efficace. Però smettiamola di parlare nel 2012 solo di Search Engine Optimization, oggi suona come una presa in giro o una stregoneria poco credibile.